carcere e studio

Carcere e studio. «Avevo la sensazione di sentirmi altrove, non più in carcere»

Dopo aver affrontato il tema dello studio in carcere con una tutor universitaria, abbiamo scelto di pubblicare la testimonianza di Roberto Pecci, persona detenuta presso la Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso. È iscritto al corso di laurea in Beni Culturali e presto discuterà la sua tesi di laurea in Drammaturgia Antica. A Roberto abbiamo chiesto di condividere parte della sua storia, di restituire il significato della cultura in carcere svelato a partire da quegli incontri che, inconsapevolmente, aprono nuovi orizzonti di senso.

«Ho compiuto da poco i miei 65 anni e in questo momento mi ritrovo in una delle tante carceri italiane, precisamente nella Casa circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso. È inutile raccontarvi il mio stato d’animo al momento del mio arresto. Dopo l’ingresso in carcere ha avuto inizio un lungo periodo di depressione, mi ero totalmente isolato da tutti e da tutto. Non riuscivo a comunicare con nessuno e il tempo sembrava non trascorrere mai, ma poi una persona – che in seguito è diventata una vera amicizia – è riuscita a destarmi da questo profondo torpore: proprio lui che non sarà mai più libero mi ha convinto a iscrivermi a scuola. Con le parole di Jack London ne Il vagabondo delle stelle: «la mente… solo la mente sopravvive, la materia fluisce, si solidifica, fluisce di nuovo, le forme che essa assume sono sempre nuove. Poi si disintegrano in quel nulla donde non vi è ritorno».

Inizialmente tutto mi appariva così assurdo, ritrovarmi dopo più di 40 anni seduto tra i banchi di scuola proprio come un ragazzo. Con il passare dei giorni, però, grazie all’aiuto degli insegnanti, sono uscito da quello stato catatonico in cui mi trovavo. Seguivo le lezioni con molto più interesse, le ore passavano senza che me ne accorgessi e nel tempo passato a studiare avevo la sensazione di trovarmi altrove, non più in carcere ma in un qualsiasi altro edificio a frequentare la scuola. Le belle sensazioni, quei momenti di condivisione li ricorderò sempre con un sorriso. E questo per merito dei miei professori che mi hanno trattato con grande rispetto e umanità.

Lo studio, la lettura mi hanno davvero riportato in vita. Oggi sono iscritto al corso di laurea in Beni Culturali e prossimo alla tesi. Questa esperienza mi riporta indietro nel tempo. Trascorro ore e ore sui libri, cerco di organizzarmi per conciliare il lavoro con lo studio, di essere presente in tutte le lezioni, oltre ai seminari, e all’appuntamento con i miei colleghi in aula universitaria dove ogni giovedì e venerdì incontriamo i tutor e i docenti. Ecco, tutto questo mi ha cambiato totalmente, tutto ciò ha reso questo mio presente più tranquillo ed equilibrato. Affronto le giornate in modo migliore, guardo al futuro con più serenità: lo studio, la conoscenza e questa voglia di imparare mi danno la grinta per affrontare una nuova giornata. L’istruzione per noi detenuti è davvero molto molto importante e più abito questa realtà più mi convinco che se tanti giovani ragazzi avessero avuto l’opportunità concreta di studiare fuori di qui, probabilmente avrebbero scelto una vita diversa. In ogni caso, per conoscere non si è mai abbastanza grandi».