religione e politica

«Paris vaut bien una messe!» e l’ostacolo cattolico nella politica italiana

«Paris vaut bien una messe!», Enrico IV

È il 25 luglio 1593 quando Enrico IV, nella basilica di Saint Denis pronuncia una frase che passerà alla storia: «Parigi val bene una messa». Con questa affermazione il primo re francese della dinastia borbonica commentò con ironia la sua rinuncia alla confessione calvinista in favore di quella cattolica, necessaria per governare la Francia. Questa frase, oggi spesso utilizzata per commentare l’accettazione di qualche compromesso o piccola rinuncia necessari per l’ottenimento di un bene più grande, rappresenta in maniera nitida e lampante anche l’uso della religione che le classi politiche hanno fatto nel corso della storia con lo scopo di governare i popoli, prima ancora che i paesi.

Religione e politica: un rapporto tutto italiano

L’Italia, a causa della presenza del vaticano e della lunghissima storia che il cattolicesimo ha nel nostro paese, può vantare una tradizione secolare per quel che riguarda il rapporto tra la forza politica e quella religiosa, da sempre in conflitto o in competizione per le proprie richieste. Sul territorio nazionale vivono milioni di cattolici, che allo stesso tempo però sono anche cittadini italiani e di conseguenza hanno una propria influenza nella sfera politica dello stato, della quale naturalmente la politica non può non tenerne conto. In una situazione del genere è ovvio che in merito a determinate questioni le due protagoniste della vita sociale e politica dell’Italia vadano spesso in conflitto.

Naturalmente le due sfere di influenza convivono da moltissimo tempo, ma prenderemo in considerazione solamente il periodo storico che va dalla nascita d’Italia nel 1861 ad oggi. In questa sezione di tempo possiamo individuare quattro fasi storiche ben delineate.

La prima fase va dall’Unità d’Italia al Concordato tra la chiesa ed il regime fascista. In questo periodo i rapporti sono più duri che mai, a tal punto che chiesa e nuovo stato italiano in sostanza si ignorano. Naturalmente il picco più basso nell’amicizia tra i due si ha con la presa di Roma del 1870. Da questa fase in poi possiamo definire i comportamenti dell’uno verso l’altro come di reciproca indifferenza, anche se in realtà consiste maggiormente nel volersi mettere i bastoni tra le ruote, senza però arrivare ad un conflitto aperto. Lo stato nel 1871 emanò la Legge delle Guarentigie, con cui si riconosceva l’indipendenza dello stato pontificio e la sua libertà da quello italiano. Dal canto suo, coerentemente con la reciproca indifferenza, Papa Pio IX emanò il non expedit, con cui vietava a tutti i cattolici italiani di collaborare a qualsiasi attività politica dello stato italiano. I rapporti, comunque, miglioreranno con gli ultimi anni del secolo grazie anche ad un approccio più distensivo da parte di Papa Leone XIII e di Giovanni Giolitti.

La seconda fase si ha con il regime fascista, caratterizzata naturalmente dai Patti Lateranensi, firmati nel 1929, fino alla caduta del regime del 1943. Questi patti avevano come scopo la riconciliazione tra i due soggetti, infatti al loro interno si riconosceva l’assoluta indipendenza alla Santa Sede riconoscendo il cattolicesimo come unica religione di stato, mentre questa riconosceva il Regno con Roma capitale. Vi era anche una parte finanziaria, la quale stabiliva un’indennità alla chiesa a titolo di risarcimento per la perdita dello stato pontificio. Infine, il Concordato regolava i rapporti tra i due soggetti, imponendo ai vescovi di giurare fedeltà al Regno d’Italia, ma riconosceva alla chiesa importanti privilegi: il matrimonio cattolico acquisì effetti civili ed il suo annullamento ricadde sotto i tribunali ecclesiastici, l’insegnamento della dottrina divenne obbligatorio nelle scuole ed i preti che abbandonavano il loro incarico religioso non potevano acquisire alcun impiego pubblico. Con questi patti si pone fine alla neutralità religiosa dello stato.

religione e politica Fotografia di Francesco Formica

La terza fase si apre con la caduta del fascismo. In questo momento la Democrazia Cristiana vorrebbe far sì che i Patti Lateranensi siano alla base dei nuovi rapporti con la chiesa e sostiene di dover applicare loro la stessa procedura che si applica alla modifica della Costituzione nel caso in cui lo stato fosse intenzionato a modificarli. Le forze laiche del nuovo stato italiano non appoggiano questa tesi poiché, sostengono, avrebbe leso la libertà religiosa. Tuttavia il Partito Comunista appoggia la DC per evitare nuovi dissidi con la chiesa e quindi i patti vengono inseriti nella Costituzione con l’articolo 7, il quale sancisce che non possono essere modificati senza prima modificare la Costituzione, così come avviene con qualsiasi altro paese estero. L’articolo 8, invece, ammette la libertà di professare altre confessioni religiose all’interno del paese. Si opera quindi una chiara distinzione tra la religione cattolica e le altre presenti sul territorio nazionale.

La quarta fase arriva nel 1984, anno in cui viene rivisto il Concordato per volere dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi. La parte più importante di questa revisione consiste in una maggiore separazione ed indipendenza tra i due soggetti (eliminando ad esempio l’obbligo dell’ora di religione nelle scuole, che ora divengono facoltative), ma soprattutto un’apertura più ampia nei confronti delle altre religioni. Non è infatti un caso che tutti gli altri trattati ed accordi con queste arrivino proprio dopo questa fatidica data.

In Italia la chiesa unisce più del tricolore

Come abbiamo appena potuto vedere la Chiesa, senza considerare tutta la storia antecedente, ha profonde radici nella società italiana. Uno dei motivi per cui si è scatenata questa dinamica è costituito sicuramente dalle grandi divisioni che hanno attraversato il nostro paese nella sua lunghissima storia. Basti infatti pensare che durante la prima guerra mondiale i soldati italiani provenienti da diverse regioni non riuscivano a comunicare (in particolare se provenivano da regioni particolarmente lontane), tuttavia pregavano senza dubbio lo stesso Dio e rispettavano le stesse tradizioni. La chiesa cattolica, dunque, nel nostro paese è stato da sempre un collante molto più funzionale della cosiddetta religione civile, cioè quell’insieme di pratiche che dalla nascita degli stati i governanti hanno dovuto applicare per creare e diffondere il concetto di nazione in popoli che fino ad allora non avevano un grande interesse per il proprio stato. A differenza di altri paesi, come Inghilterra e Francia, l’Italia ha una storia nazionale estremamente giovane, considerando che si è unita solamente nel 1861, ed infatti possiede un sistema di valori e simboli estremamente fragili.

Una nazione giovanissima, quindi, quella italiana, che non a caso presenta ancora oggi numerosi elementi di divisione, specialmente tra nord e sud. In primo luogo, per differenze di tradizioni, di linguaggi e soprattutto di norme antropologiche. Una caratteristica che seppur rispetto allo scorso secolo è venuta in parte meno, continua comunque a perdurare, anche a causa di determinati politici che sfruttano questo fenomeno per raccogliere consenso politico, come ha fatto la Lega Nord per svariati anni, almeno fino a quando il suo ultimo leader non ha deciso di rinnegare tutta la tradizione politica del proprio partito scegliendo un nuovo nemico, gli stranieri, per attirare ulteriori voti.

religione e politica Fotografia di Francesco Formica

Tutti questi elementi hanno fatto sì che ancora oggi il popolo italiano abbia una grande fiducia nelle istituzioni cattoliche, in alcuni casi persino maggiore rispetto a quelle statali. L’indagine La nuova religiosità in Italia condotta da Franco Garelli nel 2007 ha fatto emergere che il 64% degli intervistati ha abbastanza fiducia nella chiesa cattolica, mentre soltanto il 54% ce l’ha nella magistratura, il 35% per il parlamento ed il 29% per il governo. Ciò dimostra come nonostante l’influenza della chiesa nella società italiana venga dichiarata in continuo calo, nei numeri goda ancora di buona salute, superando persino l’influenza delle istituzioni laiche.

Ciò ha fatto sì che l’Italia su numerosi temi rilevanti abbia sempre dovuto tenere conto del peso dei cattolici nella propria politica, rimanendo dunque notevolmente indietro rispetto agli altri paesi europei. A causa dell’influenza cattolica, ad esempio, in Italia nel 35,1% delle strutture ginecologiche, nonostante una legge che ne riconosce il diritto, non è possibile accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, consentendo ai medici di dichiararsi obiettori di coscienza. Oppure, possiamo parlare della legalizzazione della cannabis che, se nel resto del mondo occidentale sta ormai diventando un tema di attualità e in molti paesi è già stata legalizzata, in Italia difficilmente avverrà, poiché il partito di turno che si trova al governo deve obbligatoriamente, per motivi legati alla mera quantità dei voti, tenere in considerazione il parere totalmente contrario della chiesa, che naturalmente influenza i suoi elettori. Un altro tema su cui il nostro paese è rimasto per molti anni su posizioni arretrate è senza dubbio quello dei diritti LGBTQI+. Nonostante alcuni passi in avanti fatti negli ultimi anni, il nostro paese non permette ancora alle persone omosessuali di adottare dei bambini.

In conclusione, dunque, questo è il quadro dell’uso politico della religione in Italia. Se da una parte la Chiesa sfrutta, consapevolmente, la propria influenza in nome di determinati valori che non sembrano sempre validi, come dimostra la possessione della Segreteria di Stato di quote azionarie per un valore di circa 20 milioni di euro in due industrie farmaceutiche che producevano il farmaco contraccettivo d’emergenza, dall’altro la politica non riuscirà mai ad opporsi completamente alle direttive cattoliche, poiché rischierebbe di perdere un’importante fetta del proprio elettorato, a prescindere dallo schieramento.